JULIUS EVOLA ED IL RAZZISMO SPIRITUALE
(Giulio Cesare Andrea Evola, Roma 1898-1974)
Nei primi anni '50 nell'MSI la lotta è fra i Socializzatori ed i Conservatori. Per distinguersi da loro, i giovani Pino Rauti ed Enzo Erra, con il periodico "La sfida", fondano il gruppo degli Spiritualisti. Rauti ed Erra quasi per caso scoprono Julius Evola, aristocratico romano che aveva vissuto ai margini del fascismo, massimo esponente italiano del filone dadaista negli anni '20. Evola era fuggito in Germania dopo il 25 luglio 1943 ed aveva accolto Mussolini quando era arrivato là il 13 settembre 1943. Rimase in Germania fin quando fu ferito alla spina dorsale nell'aprile del '45 durante un bombardamento a Vienna: per questo rimase paralizzato e visse in estrema povertà fino alla morte, sostenuto dagli aiuti degli amici.
Evola aveva collaborato prima del crollo del fascismo con Giorgio Almirante al giornale "La difesa della razza".
Il fascismo, per Evola, non era che l'ultima realizzazione di uno stile di vita e di una concezione del mondo che c'è sempre stata nella storia: la tradizione. Questa tradizione traeva origine dall'antica Grecia, passava attraverso l'Impero Romano, i Regni Romano-barbarici e le civiltà celtico-gaeliche, le civiltà nordiche, il Sacro Romano Impero, gli Imperi Centrali fino ad arrivare alle rivoluzioni nazionali del fascismo, del nazismo e dei nuovi samurai in Giappone. La tradizione è così l'adesione ad uno stile di vita guerriero, rigido, militare, fatto di autodisciplina, di durezza, di spiritualità, di eroismo, di gerarchia, di sacrificio, di fedeltà, di disinteresse per il proprio particulare, di odio per il materialismo e per il denaro, per il mondo mercantile e per quello borghese.
Rauti ed Erra convinsero Evola a scrivere un testo a fini pedagogici: nasce "Orientamenti" (1950?) che inizia con: "E' inutili crearsi illusioni con le chimere di qualsiasi ottimismo: noi oggi ci troviamo alla fine di un ciclo". Un ciclo la cui dissoluzione ha preso il via a partire dalla Rivoluzione Francese, che ha diffuso nel mondo disvalori quali il razionalismo, l'economicismo e l'egualitarismo, processo accellerato dalle potenze materialiste e democratiche uscite vincitori dalla II Guerra Mondiale. In quest'ottica, quindi, la guerra fredda fra USA e URSS è una guerra tutta interna al materialismo e all'economicismo, quindi estranea al mondo della Tradizione. Ecco perché, allora, è un'illusione che democrazia e liberalismo siano l'antitesi del comunismo: è come chi dicesse che il crepuscolo sia l'antitesi della notte, che il grado incipiente di un male sia l'antitesi della forma acuta ed endemica di esso, che un veleno diluito sia l'antidoto dello stesso veleno allo stato puro e concentrato. "A guardar solo all'immediato sussiste di certo la scelta del male minore, perché la vittoria militare dell'Oriente implicherebbe la distruzione fisica immediata degli ultimi esponenti della resistenza". Per Evola la radice comune fra comunismo e liberalcapitalismo è la visione materialistica ed economica dei rapporti umani, che definisce "l'allucinazione o la demonìa dell'economia". Tutto ciò che è economico ed interesse economico, invece, come mero soddisfacimento dei bisogni fisici, ha avuto, ha e sempre avrà una funzione subordinata in una umanità normale. Al di là di queste sfere deve differenziarsi un ordine di valori superiori, politici, spirituali ed eroici, un ordine solo in funzione del quale devono definirsi le cose per le quali vale vivere e morire.
Così deve stabilirsi una gerarchia vera, debbono differenziarsi nuove dignità ed, al vertice, deve troneggiare una superiore funzione di comando, di imperium. Esso è la potenza pura del comando, un potere trascendentale che, proprio perché tale, non deve essere spiegato o giustificato, visto che trae le proprie origini da un principio ed un ordine superiori.
Attacca il sindacalismo e la lotta di classe: dice infatti che contro ogni forma di risentimento e di antagonismo sociale ognuno deve saper riconoscere ed amare il proprio posto, quello conforme alla propria natura, riconoscendo così anche i limiti entro i quali egli può sviluppare le sue possibilità e conseguire la propria perfezione: "Perché un artigiano che assolve perfettamente alla sua funzione è indubbiamente superiore ad un re che non sia all'altezza della sua dignità".
Attacca la socializzazione e l'idea repubblicana di Salò: "Per i controlli in senso demo-repubblicano" scrive in Imperium "pensiamo che la lezione del Gran Consiglio del 25 luglio avrebbe potuto bastare…" "La nuova gioventù è protesa verso un impegno assoluto rispetto alla vita ed è di simboli eroici, non di miti economici e di ubbie sociali o repubblicane che essa ha bisogno". Enzo Erra scrive su Imperium nel maggio 1950: "Il mondo democratico è quello che considera valida e legale una legge od una istituzione solo perché sono i più a volerla, che ritiene vera una cosa solo perché sono i più a ritenerla tale. Il mondo democratico è quello che considera gli uomini tutti uguali, negando ad essi ogni valore individuale e qualitativo ed assegna a ciascuno un numero uguale di bisogni, dai quali discendono per ciascuno un numero uguale di diritti. L'uomo democratico è un numero, una quantità, che sommata alle altre forma un numero, una quantità collettiva… Lo stato democratico è numerico e quantitativo, fondato sul volere della maggioranza di queste numeriche quantità, deve provvedere a garantire la soddisfazione di questi bisogni e l'esercizio dei relativi diritti… In tutti i campi deve essere prodotto, fatto, realizzato quello che piace ai più, quello che ai più conviene, quello che serve a garantire nei più il massimo di benessere egoistico, momentaneo, contingente ottenibile". Invece "esiste una gerarchia di valori nella quale ogni uomo ha il suo posto. Una concezione gerarchica dei valori umani porta di necessità ad una concezione gerarchica ed aristocratica dello Stato". "Sono i migliori che hanno il diritto al comando ed alla guida e non i più numerosi a poter imporre la propria volontà… Contro il diritto delle masse si erge il diritto delle aristocrazie, delle minoranze, degli uomini coscienti dei propri compiti e di quelli altrui, in grado quindi di interpretare le esigenze reali di una nazioane e di decidere di conseguenza". Erra riassume: "Contro i princìpi e la dottrina della sovranità popolare e la divisione dei tre poteri dello Stato democratico vanno affermati i princìpi e la struttura del nostro Stato, che è etico, aristocratico, gerarchico.
Nel 1961 scrive "Cavalcare la tigre". I giovani missini sono delusi dal moderatismo di Michelini e dall'attendismo di Rauti. Con questo libro, il cui titolo riprende un detto cinese per cui l'unica maniera di sconfiggere una tigre è quella di montarle in groppa e domarla, guidando a proprio piacimentp gli istinti omicidi del felino. La tigre è il mondo borghese, mondo sempre più dominato da disvalori e che si allontana dalla tradizione: l'unico modo di domare il mondo borghese è quello di cavalcarlo attraverso l'apolitia, la distanza interiore irrevocabile da questa società e dai suoi valori, il non accettare di essere legati ad essa per un qualche vincolo spirituale o morale. L'uomo differenziato può restare tale anche nella società contemporanea, a patto che mantenga un totale distacco rispetto agli altri, a coloro che non sanno e soprattutto che non sono.
Superò il concetto di nazionalismo per approdare ad un concetto diverso: "la nostra patria è là dove si combatte per la nostra idea". Occorre riconoscere i nostri simili al di là delle frontiere e del tempo e non bisogna per forza riconoscerli nei nostri connazionali od in molti che, pur militando nel nostro stesso partito, avevano una concezione del mondo troppo distante dalla nostra. La patria evoliana è una fratellanza non derivata dall'appartenenza alla stessa terra ma alla stessa Idea (è quello che molti oggi intendono per cameratismo).
La via da seguire deve quindi essere basata su queste parole d'ordine: Idea Ordine, elìte, Stato, Uomini dell'Ordine: un superamento della società borghese non verso il basso, come il marxismo, ma verso l'alto, con una concezione eroica ed aristocratica dell'esistenza.
Disdegna la vita comoda.
Per quanto riguarda la razza, molto della concezione evoliana si intuisce già da quanto sopra riassunto. Evola polemizza non solo con il razzismo biologico italiano, ma anche con quello tedesco che accusa di commistioni, di confusioni, di rifiuto della tradizione romano-cattolica, di materialismo, di razionalismo. Il fine è invece quello di instaurare il mondo della tradizione, contrapponendolo alla politica di massa: "Chi esce dal fiume della tradizione si perde nel mare della decadenza".
La vera destra, in sintesi, per Evola "non significa né capitalismo, né borghesia, né plutocrazia, né reazione. La concezione di una vera destra è una concezione della vita e dello Stato che procede da princìpi di autorità, di gerarchia e di aristocrazia, di valori teorici e qualitativi, dal primato del puro fattore politico su quello economico e societario."
Pesaro, 14 aprile 2003